venerdì 25 maggio 2012

LA FLAGELLAZIONE DI CRISTO DI PIERO DELLA FRANCESCA


1. Scheda informativa 

Autore: Piero della Francesca (Sansepolcro,1420 circa-Sansepolcro,1492)
Titolo: La flagellazione di Cristo
Datazione:1455 circa
Dimensioni: 58,4x81,5 cm
Collocazione (provenienza e sede attuale): Galleria Nazionale delle Marche, Urbino
Tecnica e materiali: tempera su tavola
Genere: sacro
2.Lettura descrittiva
Nell'opera si manifestano due distinti gruppi di personaggi, tre davanti in primo piano e cinque ad una certa distanza all'interno di un'architettura classicheggiante.
Il gruppo più distante è riconducibile ad una flagellazione di Cristo, per via della figura con l'aureola legata alla colonna (sulla quale è posta una rappresentazione della divinità classica del sole) e due personaggi ai lati che la frustano; due figure assistono alla scena, una seduta sul trono, l'altra di spalle allo spettatore. Sui gradini del trono si legge la firma dell'autore in lettere capitali romane: OPVS PETRI DE BVRGO S[AN]C[T]I SEPVLCRI.
Due colonne scanalate inquadrano la scena e quella a destra determina una linea divisoria tra ambiente interno ed esterno.
Le figure poste in primo piano sono vestite in maniera 'moderna' rispetto le figure retrostanti; il giovane biondo posto centralmente è vestito di un rosso intenso e ha i piedi scalzi; l'uomo a destra è riccamente vestito con un abito di broccato azzurro e oro, ha la testa rasata e dimostra un età superiore agli altri; l'uomo a sinistra è barbuto ed indossa un cappello alla bizantina, un manto rosso scuro e calzari da viaggio.
Dietro ai personaggi in primo piano, si vede un elegante palazzo di epoca trecentesca o quattrocentesca e una torre.
L'effetto d'insieme è quello di una rappresentazione figurativa statica e solenne in cui il rapporto tra le due scene in primo e secondo piano non sembra spaziale ma temporale.

3.Lettura interpretativa

Per via della composizione inusuale scelta da Piero della Francesca, questa opera è stata al centro di numerosi dibattiti, studi e interpretazioni diverse.
L'episodio biblico della flagellazione di Cristo infatti è relegato in secondo piano e, nello spazio pricipale, vi sono tre figure imponenti ed enigmatiche che ad un primo sguardo sembra non abbiano nulla a che vedere con quello che succede nello sfondo, con la Passione.
Le varie interpretazioni riguardano proprio l'identità di questi tre personaggi: all'inizio del XIX sec. il giovane biondo al centro fu identificato con Oddantonio da Montefeltro, primo duca di Urbino e fratellastro del duca Federico, gli uomini accanto a lui come i suoi malvagi consiglieri e il quadro come un omaggio da parte di Federico da Montefeltro alla memoria dell'assassinio nel 1444 del giovane duca, reso simile pertanto alla Flagellazione.
Alcuni studiosi, come Gombrich o Gilbert, hanno però negato che l'opera sia metafora di un avvenimento storico legato alla corte di Urbino, ma sia legato comunque all'episodio evangelico e quindi anche i personaggi in primo piano siano attori secondari della Passione di Cristo: Giuda che restituisce i denari del tradimento ai sacerdoti o semplicemente la discussione tra un soldato, un pagano e Giuseppe d'Arimatea.
Altra interpretazione di tipo storico è quella dello studioso inglese kenneth Clark che vede nella Flagellazione un'allusione della caduta di Costantinopoli in mano ai Turchi nel 1453. Le tre figure in primo piano sarebbero quindi alcuni dei partecipanti al concilio di Mantova del 1459 che intendevano accordarsi per organizzare una crociata, voluta da Papa Pio II e mai partita, che liberasse la città.
La Flagellazione simboleggerebbe così la travagliata condizione della Chiesa dopo la caduta di Costantinopoli e un'antica scitta presente sulla tavola Convenerunt in unum e oggi non più leggibile, sarebbe secondo Clark non solo un riferimento al Salmo che ha come tema la Passione di Cristo ma anche l'alleanza che le potenze occidentali strinsero per fronteggiare l'avanzata turca.
Un altro storico, Carlo Ginzburg, ha sviluppato le idee interpretative di Clark e l'allusione della crociata discussa durante il concilio di Mantova individuando in quei personaggi in primo piano: a destra il finanziatore dell'opera Giovanni Bacci, committente anche degli affreschi ad Arezzo; a sinistra il cardinale Bessarione vestito alla greca e fervente apostolo della crociata; al centro un giovane allievo di Bessarione morto di peste nel 1458, Buonconte da Montefeltro, figlio illegittimo del duca federico.
Purtroppo anche questa interpretazione si basa però su dati indimostrabili e soprattutto Ginzburg non trovò alcuna relazione tra il Bacci e Bessarione che giustificasse la loro presenza insieme nell'opera.
Una delle ultime interpretazioni di quest'opera proviene dalla bizantinista Silvia Ronchey che ha esposto la sua tesi secondo la quale la tavola simboleggia la caduta di Bisanzio del 1453 in mano ai turchi; Ponzio Pilato, seduto sul trono, rappresenterebbe l'imperatore bizantino Giovanni Paleologo che assiste inerme alla flagellazione di Cristo-Bisanzio da parte del sultano turco (di spalle) mentre, per quanto riguarda i personaggi in primo piano, primo a sinistra il cardinal Bessarione accompagna al Concilio del 1438 l'erede al trono di Bisanzio, Tommaso Paleologo (biondo in tunica rossa) per chiedere aiuto ai principi latini d'Europa, rappresentati da Niccolò d'Este, l'ultimo a destra. 

4.La struttura espressiva: aspetti formali e stilistici

La composizione è molto equilibrata: all’ambiente chiuso di sinistra corrisponde a destra un ambiente aperto suddivisi dalla colonna che sostiene il tempio, entro cui si svolge la Flagellazione di Cristo.
Le due parti del dipinto sono visivamente unite dal comune impianto prospettico. Lo spettatore può osservare il dipinto solo da un punto di vista situato al centro, dato che lo spazio della composizione è strettamente unitario, e tale unità è raggiunta mediante lo studio rigoroso di un unico punto di fuga.
Piero della Francesca riesce a rendere molto ampio lo spazio dipinto grazie alla padronanza della prospettiva lineare
Il senso della profondità è suggerito principalmente dall’architettura classica resa in prospettiva:le linee della pavimentazione, degli edifici e delle cornici corrono tutte verso il punto di fuga, che si trova molto vicino al centro del dipinto. 
Grazie alla prospettiva, quindi, le figure poste in lontananza assumono dimensioni più piccole, rigorosamente corrette rispetto sia a quelle in primo piano, sia a quelle degli edifici, delle porte e delle colonne con cui sono in stretto rapporto.
All'interno di questo spazio, ci sono due diverse fonti di luce naturale, fatto impossibile nel mondo reale. La luce cade sulle figure in primo piano da sinistra, ma colpisce la scena della flagellazione da destra, collocandola al di fuori del tempo e dello spazio. 
La forza straordinaria dell'arte di Piero sta propriamente nell'avere connaturato il colore, che in lui è immediatamente luce, con la forma, fino a fargli assumere valore plastico. Il colore è steso in maniera precisa e minuziosa, nella pavimentazione è dato a campiture omogenee.

5. I riferimenti

La forza straordinaria dell'arte di Piero sta nella ricchezza e la stratificazioni di significati, chiavi di lettura e rapporti geometrico-matematici, che riguardano tanto le costruzioni architettoniche che le figure e la loro collocazione spaziale. 
Fondamentale a questo proposito il suo profondo interesse per le scienze matematiche e la prospettiva.
Durante il suo soggiorno fiorentino Piero rimarrà influenzato dalla pittura di Masaccio, dalle sculture di Donatello e dalle architetture di Brunelleschi; ebbe la possibilità di collaborare con Domenico Veneziano grazie al quale apprese lo stile della "pittura di luce", attraverso l'uso di colori tersi e accordi delicati.
Piero Della Francesca reinventa la pittura dei rapporti fra natura, architetture e umanità. 
La plasticità masaccesca, la geometria della corte urbinate, la cromia smaltata dell'Angelico e il naturalismo nordico si fondono in opere di eccezionale modemità.

RAFFAELLO, LE SUE OPERE E URBINO LA SUA CITTà NATALE